Il derby dei baùscia e dei casciavitt
Dall’erba al panno…
Dall’erba al panno…
All’ombra della Madonnina si sono consumate nell’arco degli anni numerose sfide sul verde campo di San Siro (si chiama Meazza ma nessuno lo chiama così a Milano) e quelle che più rimangono nell’immaginario collettivo di chi ha qualche lustro sulle spalle, sono le ultime i cui ricordi sono ancora in bianco e nero, quelle del Paròn e di Herrera per intenderci, le sfide dove il sinistro di Mariolino e le magie del Golden Boy infiammavano le curve composte ancora di uomini con il cappotto e il cappello, dove il tifo era ancora in dialetto, dove le battute erano sottili stilettate piene d’ironia ma mai insultanti. In una Milano dove la nebbia era nebbia e lo stridolio dei tram non era sopraffatto dal rombo dei Suv guidati da appariscenti signore il cui unico impegno è quello di fare sera tra un parrucchiere e una seduta di yoga/tantra con avvenenti trainer privati.
In quella Milano, si affacciano i miei primi ricordi, che videro il calcio solo qualche anno dopo (1973) quando entrai per la prima volta a San Siro e vidi che Suarez non indossava più la maglia dell’ Inter ma la blucerchiata della Sampdoria così come il Basletta (Lodetti), ma l’atmosfera era ancora quella.
Nei lunghi pomeriggi nebbiosi in cui la città di Milano era avvolta , il mio San Siro personale era sempre pronto ad accogliere quelle magiche sfide per riviverle più e più volte. La mia simpatia verso la compagine rossonera poche volte ha avuto impatto sul risultato finale di quelle gare, ero anzi, rigoroso e per non dare adito a polemiche (di chi…non si sa…forse dei peluche che adornavano il letto a mo di spalti gremiti…hahaha) spesso ero intransigente e fiscalissimo con i casciavitt. Sulle tribune intorno allo stadio (rigorosamente in lego in quegli anni…solo in seguito grazie a qualche generoso natale gli spalti in lego lasciarono lo spazio a quelle verdi del subbuteo) echeggiavano numerose bandiere in carta e anche in tessuto , colorate dal sottoscritto durante le interminabili ore di scuola.
A rendere più “realistico” il tutto , una radiolina accesa su una frequenza non sintonizzata rendeva il sottofondo di un pubblico rumoreggiante sugli spalti.
Dalla scrivania “scendeva” l’impianto d’illuminazione con la classica lampada snodabile da tavolo anni settanta che con la sua luce illuminava giusto giusto il terreno di gioco. A quel tempo non avevo ancora le barriere verdi a delimitare il campo ma non mancava partita in cui non fossero schierati fotografi, polizia torrette televisive (due, posizionate sui due lati lunghi del terreno di gioco), e le immancabili bandierine sui calci d’angolo. L’atmosfera notturna delle partite era suggestiva.
I grandi derby del passato rivivono nella mia memoria più nella loro ripetizione casalinga che per quanto fosse accaduto sul reale terreno di sfida. Entrambe però, queste sfide portano con se il ricordo, nel sottoscritto, di una Milano forse più grigia, più fredda ma sicuramente più umana di quanto lo sia oggi.
magpies