lunedì 9 febbraio 2009

Uno...due...tre....

Uno…due…uno…due..uno…palla persa. Sinteticamente questo lo schema tipico della mia azione. Purtroppo i risultati sul panno verde denotano ancora molto lavoro da fare, di tecnica, di tattica, ma dimostrano anche che l’idea di gioco, di quel gioco che allietava pomeriggi infiniti si è (re)impadronita della sua parte che credevo ormai sopita.
Invece no, basta poco; un colore verde brillante negli occhi e un omino di plastica colorata che ondeggiando, più o meno ordinatamente, incoccia un pallone che si pensava troppo lontano. Se poi riesce a portarlo al piede per pochi centimetri, l’ovazione mentale dei centomila prende forma e si materializza. Poco importa se si sbaglia il tocco successivo, l’attimo è conquistato e così i nostri immaginari tifosi.
Mi sono chiesto perché il Subbuteo e credo che la pietra angolare sia l’immaginazione che questo gioco stimola. Il Subbuteo preserva la fantasia e le chiede un supplemento d’orizzonte; le domanda di immaginare Puskas che serve Del Piero o l’indimenticabile Massimo Palanca che beffa Peter Shilton con uno dei suoi velenosi calci d’angolo. Nulla è precluso al giocatore di Subbuteo; un mondo si apre davanti a lui, un mondo fatto di condivisione, passione, gioco.
Come in tutte le cose c’è chi vince e chi perde, chi sorride e chi s’incazza, chi preferisce un modulo, chi un altro, ma quei dodiciminutipertempo infiammano i cuori riempiendoli della voglia di esserci.

Carlozzo (Osc Milano Sud)

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