venerdì 20 febbraio 2009

Vite in punta di dito

Il Subbuteo è un gioco? No, è più corretto definirlo un collante generazionale, che ha fatto sognare e divertire noi ragazzi cresciuti negli anni Settanta e Ottanta. Lo sostiene, a ragione, Luca Ferrato, che ha curato il libro Vite in punta di dito (Boogaloo Publishing) composto da undici racconti, lo stesso numero dei giocatori che compongono una squadra di calcio e, quindi, anche di Subbuteo.
Molte delle storie del libro hanno un filo conduttore comune: si inizia con il ricordo della “scoperta” del Subbuteo, con un pizzico di nostalgia per il periodo dell’infanzia, caratterizzato da intere giornate trascorse “in punta di dita” sul magico tappeto verde smeraldo. Arriva poi con la crescita l’inevitabile fase del distacco, l’abbandono dell’aspetto ludico della vita, sostituito da nuovi interessi: in primis, le ragazze...
Il terzo momento giunge a distanza di decenni quando, da insospettabili padri di famiglia, si va più o meno casualmente alla ricerca delle proprie squadre, nascoste in mezzo alla polvere in cantina, per ritrovare con sorpresa inalterato tutto l’entusiasmo di una volta. Perché il Subbuteo è un po’ come la macchina del tempo: il suo tappeto verde e le sue inimitabili miniature colorate fanno ritornare improvvisamente ragazzini. Anche se magari si hanno più di 40 anni e mille problemi da risolvere ogni giorno.
Tra gli undici racconti del libro, tutti godibili, vanno ricordati perlomeno quelli di Luigi Bolognini, giornalista della Repubblica, Dante Cavalli e del moderatore del nostro Forum Claudio Bruno, autore anche della bella foto in copertina.
“Ma quel ragazzo che hai dentro tu non devi farlo crescere mai…”, cantava la PFM qualche anno fa. E, per seguire il consiglio della Premiata, cosa c’è di meglio di una partita a Subbuteo?
Davide (Casciavit)

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